martedì 30 marzo 2010

The Placebo effect

Effetto placebo.

Quanti di noi hanno sentito parlare di placebo?

Il placebo è una sostanza inerte (non attiva, che non ha azione terapeutica intrinseca) che possiamo teoricamente definire con effetto terapeutico pari a zero. E' un dato di fatto però che il placebo non ha effetto "zero" ma con vari meccanismi ne ottiene uno misurabile, vicino allo zero ma mai nullo.
Per questo motivo il placebo è largamento utilizzato (e scientificamente conosciuto) come metro di paragone con le sostanze che si sperimentano in medicina o per confrontare l'effetto di un farmaco con il decorso naturale della malattia.
In pratica se voglio sapere se un farmaco funziona lo paragono ad un placebo. Se il farmaco funziona 10 ed il placebo (somministrato alle stesse condizioni) funziona 2 quel farmaco è efficace. Se invece il farmaco funziona 5 ed il placebo 4 probabilmente quel farmaco non ha effetti particolari.
Al placebo viene data la forma "utile" per questo tipo di sperimentazioni: una pillola, uno sciroppo, una puntura ed è prodotto quasi sempre con zucchero, amido o lattosio, sostanze che non hanno effetti "strettamente" terapeutici.
Eppure se io somministro ad un paziente con cefalea (mal di testa) una pillola di zucchero dicendogli che gli sto somministrando un potente antidolorifico molto probabilmente la cefalea migliorerà, forse di poco, ma probabilmente lo farà.
Come mai?

E' la nostra percezione del dolore, la soglia di sopportazione, la reazione della nostra psiche a far sentire meno quel dolore e questi meccanismi sono rinforzati dalla pillola di zucchero alla quale diamo poteri che in realtà non ha, ci convinciamo di assumere qualcosa di "efficace", di curativo.
Se poi "rinforzo" ancora di più quella somministrazione con altri elementi (un colore vivo, la forma della pillola, le mie parole) l'effetto sarà ancora più evidente.
L'effetto placebo secondo la maggior parte degli scienziati esiste ed è conosciuto tanto da diventare come detto prima un metro di valutazione dei trattamenti medici.

L'effetto placebo è tanto evidente che gli studi scientifici più seri sono considerati attendibili solo se effettuati con il metodo del "doppio cieco": non solo il paziente è ignaro sulla reale composizione della pillola (sta assumendo il farmaco o il placebo?) ma anche chi la somministra non deve sapere se quello che sta prescrivendo è il farmaco reale da sperimentare o una pillola di zucchero. Doppio cieco appunto, nessuno dei due soggetti (paziente e prescrittore) sa quello che sta facendo e così non vi sono condizionamenti di nessun tipo. Questo perchè anche le modalità di somministrazione, i gesti, il modo di porsi possono condizionare pesantemente gli effetti di una sostanza.
Si comprende così come anche il "nome" commerciale di un farmaco abbia importanza ai fini della sua efficacia. Un rimedio per il mal di gola composto da zucchero ed un blando disinfettante (che non ha certo effetti antibiotici) che si chiamasse Pinco Pallino, sarà probabilmente molto meno efficace dello stesso rimedio che prendesse il nome di Sanigòl e ciò è stato dimostrato da alcuni studi (in particolare sull'acido acetilsalicilico).
Se vendo la valeriana come ansiolitico e la chiamo (onestamente) Valeriana probabilmente il suo effetto sarà minore della stessa pillola chiamata Calmodorm o Tranquillirit (e di esempi ne esistono tantissimi).

L'effetto placebo è quello con il quale si spiegano i blandi effetti dei prodotti omeopatici nei quali non vi è traccia di sostanza attiva. Si spiegherebbero con questo meccanismo anche altri lievi effetti di alcune medicine alternative come l'agopuntura o la pranoterapia.
Naturalmente un placebo non ha nessun effetto collaterale.
Possono essere considerati placebo anche atti chirurgici o esami diagnostici, unica condizione che nel primo caso non sia in realtà compiuta nessuna operazione chirurgica curativa e nel secondo che non venga realmente effettuato nessun esame.
Se l'effetto placebo funziona quindi, perchè non utilizzarlo in larga scala?
Per due motivi principali: il primo perchè l'efficacia dell'effetto placebo dipende da una "bugia". Chi somministra il placebo non deve dire che si tratta di una sostanza inerte o questa perderebbe tutte le sue proprietà.
Il secondo è etico: è giusto somministrare "niente" seppur a fin di bene?
 Nella pratica medica quotidiana, sono parecchi i medici che prescrivono placebo per migliorare alcuni piccoli disturbi. In questo caso è tipica la prescrizione di vitamine, integratori e simili.
L'effetto placebo è talmente evidente che è conosciuta la "dipendenza dal placebo": persone sofferenti di una patologia, per esempio il mal di schiena, venivano trattati con una pillola di zucchero al giorno. Il mal di schiena "inspiegabilmente" migliorava.
Alla sospensione della pillola placebo il problema si ripresentava anche più grave di prima. E' pure dimostrato che l'effetto placebo può condizionare e modificare parametri vitali come la pressione arteriosa, la frequenza cardiaca e la glicemia.
E' la forza della mente (quella vera, non quella newage-alternativa-quantosonofigo-pranica). Talmente potente che l'effetto placebo funziona con tutti tranne con i soggetti con perdita di coscienza (svenuti, anestetizzati, in coma) o con gravi problemi cerebrali.

Questa breve intervista a Ben Goldacre (notissimo divulgatore scettico scientifico inglese) che ho tradotto, spiega i punti principali del fenomeno placebo.
Come funziona, perchè e cosa possiamo ottenere non solo da questa possibilità ma anche dalle tantissime ricerche in proposito.
Ascoltiamola, è molto interessante.




Sembrano due i meccanismi che regolano l'effetto placebo:
1) Quello psicologico: ci convinciamo di stare meglio ed in effetti lo stiamo.
2) Quello endocrino: il nostro organismo si "sente curato" e si aspetta un miglioramento. Per questo vengono prodotte delle sostanze chiamate endorfine che hanno la funzione di rilassarci, procurare piacere e migliorare la sopportazione del dolore e della sofferenza.
C'è un esperimento bellissimo che chiarisce ancora meglio come ed a che profondità il nostro cervello ci "convinca" di stare meglio.
Si tratta dello studio di Kirsch e Weixel che ha analizzato l'effetto placebo somministrando caffè con o senza caffeina.
Seguitelo bene:

Tre gruppi di pazienti: A, B e C.

Il gruppo A ha assunto caffè SENZA caffeina, il gruppo B normale caffè CON caffeina, al gruppo C hanno detto di somministrare caffè normale CON caffeina ma in realtà veniva fornito caffè DECAFFEINATO.

Hanno misurato i parametri clinici di tutti i pazienti registrando frequenza cardiaca, attenzione, tensione nervosa e pressione arteriosa.
Secondo voi in quali pazienti questi parametri si sono dimostrati più elevati?

Sembrerebbe evidente che solo i pazienti che hanno bevuto caffè normale (B) abbiano avuto un aumento significativo dei parametri mentre gli altri non abbiano avuto questo aumento.
Invece no: gli aumenti significativi di quei parametri si sono registrati solo nel gruppo C (quello che aveva bevuto caffè decaffeinato ma credeva di bere quello normale!) mentre in A e B, pur se di grado diverso, gli aumenti dei parametri non sono stati significativi e soprattutto non sono stati superiori al gruppo C. Emergerebbe da questo studio che l'effetto della convinzione mentale di assumere caffeina sia più potente dell'assunzione reale della stessa.
Sorprendente...

Il placebo ha quindi risultati entusiasmanti tanto da meritare approfonditi studi (e ne esistono tantissimi) che mirano ad utilizzare i suoi effetti considerata la totale assenza di effetti collaterali, il costo (bassissimo) e l'assenza di controindicazioni. Alcune fonti riportano percentuali di miglioramento altissime per patologie come la schizofrenia (più dell'80% di casi di miglioramento procurati da un placebo), l'ansia e la depressione (circa l'80%) ed il colon irritabile (circa il 60%).
Nel 1983 in diversi centri italiani fu sperimentato un farmaco antiulcera (ormai entrato nella terapia di questa malattia, la Ranitidina) confrontandolo proprio con un placebo: si vide che se il nuovo farmaco era efficace, anche il semplice placebo aveva un effetto misurabile e significativo nei confronti dell'ulcera. In sette settimane, in uno di questi centri, il farmaco aveva cicatrizzato più del 70% delle ulcere gastriche, il placebo più del 45%, quasi la metà. Fu così provata l'efficacia del farmaco ma fu dimostrata l'eccezionale efficacia del placebo nella cura dell'ulcera, fatto che oggi è assodato.
L'effetto placebo è utilizzato anche in chirurgia con la cosiddetta"sham surgery", la "finta chirurgia" nella quale si effettua un intervento chirurgico "non terapeutico" (che quindi anche se avviene davvero per convincere il paziente non ha però effetti diretti sulla malattia) per ottenere un miglioramento delle condizioni di salute. Uno dei campi nei quali questo effetto è già stato utilizzato è la cura del morbo di Parkinson anche se è accesissimo il dibattito riguardante l'aspetto etico di una pratica di questo tipo.
Un'ultima nota molto interessante: esistono studiosi che negano l'esistenza dell'effetto placebo. Per loro non esisterebbe nessun effetto indotto da sostanze inerti ma i casi di miglioramento da patologie dopo assunzione di sostanze inerti sarebbe dovuto a regressioni spontanee, fluttuazioni della malattia, altri trattamenti, condizionamenti psicologici ed altro.
La mia impressione (personalissima) è che l'effetto placebo esista, magari non è definibile perfettamente e non possiamo controllarlo e misurarlo con i mezzi che disponiamo ma ho visto spesse volte effetti terapeutici evidenti dalla somministrazione di sostanze inerti. Il dibattito quindi continua.

Di Goldacre tradurrò altri video, sono una miniera di informazioni e di notizie espresse in maniera semplice e comprensibile.
Spero intanto che il concetto di placebo sia ora meno difficile da comprendere per chi non lo conosceva bene.
Alla prossima.

32 commenti:

  1. Complimenti e grazie a WeWee per questo Blog.
    Ho avuto a che fare con persone con varie forme di depressione e posso empiricamente confermarti quanto sia importante l'effetto placebo che si ottiene da un banale integratore o la somministrazione di farmaci ampiamente sottodosati. Anche le famose punture del noto "tonico dell'umore, disintossicante, rigenerante e quant'altro" funzionano benissimo, anche grazie all'effetto psicologico del rituale dell'iniezione.

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  2. Io credo che non solo le medicine, ma anche i medici possano avere un effetto placebo. Tanto per fare un esempio, io soffro di "ipertensione da camice bianco" alla rovescia, nel senso che se mi misuro la pressione me la trovo spesso un po' alta, poi vado dal mio medico di base, in cui ho molta fiducia, che mi fa parlare, mi mette a mio agio, ecc. ecc., poi me la misura lui e me la trova normale. E tale poi rimane per parecchio tempo, e anche gli altri sintomi fastidiosi spariscono. Certo, questo vale più per malattie psicosomatiche che organiche, ma non posso negare che, anche nelle poche (per fortuna) situazioni in cui mi sono trovato in preda a sintomi "reali" (tipo una colica renale) la presenza di un medico mi abbia portato un discreto sollievo, non solo psicologico.

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  3. Un tema interessante e in qualche misura correlato all'effetto placebo è anche quello della diversa efficacia dei farmaci branded rispetto agli equivalenti generici.
    A parità di principio attivo è evidente che l'effetto clinico di due farmaci è il medesimo. Eppure non è raro trovare persone che rispondono in maniera diametralmente opposta ai due farmaci.
    Potenza della psiche.

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  4. Invece per quanto riguarda i generici a volte pare non sia esattamente così.
    Spesso le formulazioni contengono lo stesso principio attivo e nella stessa quantità, ma gli eccipienti ed i veicoli possono essere diversi, modificando di fatto la farmacocinetica.
    Ma chiaramente, specialmente nei pazienti più anziani, l'effetto "brand" si fa sentire maggiormante rispetto ai giovani.

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  5. A proposito di generici e composizione, spesso da me vengono informatori scientifici con tanto di tabelle comparative ed analisi merceologiche che dimostrano come il generico sia identico al "griffato" la cosa singolare è che anche loro sono consapevoli che gli effetti sono quasi sempre diversi e discutiamo proprio di effetto placebo...in teoria non ci sarebbe altra spiegazione...

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  6. @brain_use

    Direi di sì. Nel mondo occidentale siamo educatia considerare la "marca" come un valore aggiuntoa prescinere da tutto. Compriamo a 200\300 euro scarpe che fra produzione,trasporto e marketing ne costano 10.... solo perchè sono "di marca" e ne ignoriamo i difetti (che le fanno durare quanto quelle pagate 20 euro al mercato).
    Questo giusto per fare un esempio.
    In paesi dove la cultura del farmaco generico è più diffusa ti garantisco che questi effetti si notano di meno.
    Un altra cosa da considerare è che non c'è tanto una differenza nella reazione al farmaco, ma nella percezione del tempo e dell'efficacia.

    Ti faccio un esempio: io sono la farmacia aziendale, siccome i colleghi si dimenticano di comprarsi la roba la scroccano a me.

    ESEMPIO 1: la collega col mal di schiena
    1° volta: le dò un aulin e mezz'ora dopo la sento esclamare "Ah! Finalmente mi è passato, funziona proprio bene l'Aulin!"
    2° volta: le dò 1 sulidamor (generico dell'aulin, stesso principio attivo). Mezz'ora dopo la sento esclamare "Finalmente è passato! Però quanto ci ha messo, si vede che non è l'Aulin".

    ESEMPIO 2: IL CAPO E IL MAL DI TESTA
    1° volta: gli dò un moment e venti minuti dopo "Grazie mille! Finalmente mi è passato!"
    2° volta: gli dò 1 burfen (stesso concentrazione di ibuprofene del moment) e dopo 20 minuti seno"Meno male che mi è passato, prò quanto tempo ci ha messo".


    Siamo così condizionati a vedere il "brand" come intrinsecamente buono che a parità di risultati continuiamo a valutarlo come migliore senza rendercene conto.

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  7. Siamo così condizionati a vedere il "brand" come intrinsecamente buono che a parità di risultati continuiamo a valutarlo come migliore senza rendercene conto.

    Sì, è così, ma non sempre è solo effetto placebo alla rovescia.
    Alcuni generici hanno realmente un'azione più lenta o inferiore.

    Fermo restando che a volte possono anche cambiare le caratteristiche delle situazioni patologiche (una cefalea non è detto che abbia sempre la stessa intensità o causa, così come una lombalgia), per via delle queli un farmaco potrebbe impiegare più tempo ad entrare in azione.

    Diciamo che in caso di una relativa minor efficacia dei generici concorrono più fattori.

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  8. @brain
    non basta il principio attivo perchè due farmaci siano equivalenti, devono essere anche bioequivalenti, ovvero garantire anche la stessa concentrazione del farmaco al sito attivo, con la stessa tempistica.
    Questa può essere sì una differenza di peso ;)

    @wewee
    per quanto riguarda coloro che non credono all'effetto placebo... come spiegano l'effetto nocebo, allora?
    lì è molto più difficile parlare di "fluttuazione della malattia", perchè l'effetto collaterale ce lo inventiamo noi, e che casualmente si aggravi proprio una patologia che da quello specifico sintomo, è un po' meno ipotizzabile :)

    -e grazie per aver messo Goldacre, avessimo anche noi medici/giornalisti di quel livello con la propria colonna fissa in un quotidiano... invece delle solite baggianate delle sezioni "scienza e salute" dei vari repubblica, corriere etc (imbarazzanti)

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  9. Articolo molto bello ed interessante.
    Grazie

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  10. @ottimomassimo

    Io stavo parlando a grandi linee.
    Gli esempi che ti ho fatto sono su farmaci che usato anch'io (che soffro di vari tipi di cefalea cronica) per cui ho presente gli effetti per esperienza diretta.
    Io noto una tendenza (non solo nei farmaci) una tendenza ad ignorare i difetti del brand e i pregi del "generico".

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  11. Certo, ma che sulla minore efficacia percepita dei generici rispetto ai branded conti molto l'aspetto psicologico è accertato, solo che a volte può non essere solo un'idea.

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  12. Per coincidenza, proprio ieri ho ricevuto l'informatore scientifico di un notissimo antibiotico che mi ha portato una ricerca scientifica la quale dimostrerebbe (non la sto trovando su medline e non ce l'ho a portata di mano) una netta differenza tra "branded" e generico a favore del griffato. La differenza risierederebbe nella concentrazione minima inibente (MIC) e quindi l'antibiotico di marca sarebbe molto più efficace di quello generico...
    Boh...

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  13. WeWee, hai detto "Boh"!

    Vogliamo scommettere chi sarà che "interpreterà" la tua sincerità per impreparazione in campo medico? O chi dirà, sempre lì, che questa è la conferma che non sei medico visto che non hai pubblicato nome cognome codice fiscale indirizzo e diploma di laurea in bitmap?

    Dicesse "boh" non solo chi ha la palle di dirlo...
    ;)

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  14. Vogliamo scommettere chi sarà che "interpreterà" la tua sincerità per impreparazione in campo medico?

    Il mio "boh" è riferito al fatto che in passato ho parlato anche con informatori scientifici della "concorrenza", quelli delle aziende che producono farmaci generici e che questi mi portavano altre ricerche che dimostravano l'assoluta equivalenza (chimica, merceologica e farmacologica) dei loro prodotti rispetto a quelli "griffati". Il mio "boh" è di perplessità (a che ricerca devo credere? A quale informatore? Qualcuno gioca sporco?) e se non avessi mai perplessità nella mia vita mi riterrei un uomo morto.

    In ogni caso come faccio sempre nella mia attività, quando ho una perplessità mi faccio guidare dall'intuito e dall'esperienza (prima da quest'ultima a dire il vero) e finora (fortunatamente) mi è andata benissimo.

    Tra parentesi, spero di dire "boh" fino all'ultimo mio giorno di lavoro: chi vive di certezze non è uno scienziato.
    :)

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  15. Non capisco cosa c'entri la MIC (minima concentrazione inibente).
    Questa è un parametro che definisce la concentrazione più bassa (minima) di un antibiotico in grado di esercitare la sua attività, ed a parità di molecola è costante.
    Pertanto una dose X di un antibiotico Y, branded o generico, dovrebbe presentare sempre la stessa MIC e la stessa efficacia, poichè è una proprietà della molecola stessa.

    Se invece la concentrazione totale della molecola nel prodotto farmaceutico branded è diversa dal generico (per esempio maggiore) allora è chiaro che il generico mostrerà una minore efficacia, ma allora non è più un problema di griffe bensì di concentrazione, di quantità (e la MIC non c'entra nulla lo stesso).

    Come può darsi, ed è già stato detto, che diversi veicoli ed eccipienti possano modificare la farmacocinetica di una sostanza e quindi la capacità di raggiungere il sito di azione in concentrazione adeguata (e allora in questo caso potrebbe non aversi un MIC nei tessuti interessati).

    Boh...

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  16. Ahahahahah... ora siete in due "boh" !

    :P


    P.S.
    "Chi vive di certezze non è uno scienziato"...
    Chapeau!

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  17. In generale mi pare evidente che ogni molecola o prodotto non possa essere considerato come esempio da cui dedurre una regola generale per il confronto branded vs generico. Mi sembra altrettano palese che l'equivalenza in termini terapeutici dovrebbe essere dimostrata non semplicemente assunta, anche se evidentemente e senza entrare nel dettaglio per non doversi dilungare troppo, noti i presupposti e' chiaramente possibile l'eccezione.

    @WeWee: per questo che riporto qui
    ..antibiotico che mi ha portato una ricerca scientifica la quale dimostrerebbe (non la sto trovando su medline e non ce l'ho a portata di mano) una netta differenza tra "branded" e generico a favore del griffato

    mi piacerebbe molto leggere lo studio.

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  18. wewee, vedo che nell'articolo tra i placebo hai messo pure le vitamine. è una cosa che mi interessa molto questa, potresti magari in futuro approfondirla?

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  19. mi piacerebbe molto leggere lo studio.

    Spero di poterlo recuperare oggi.

    tra i placebo hai messo pure le vitamine

    Le vitamine NON sono un placebo ma possono essere utilizzate come tali in quanto per avere un effetto bisogna somministrarne grandi quantità (per quasi tutte almeno). Possono essere usate come placebo in questo senso ed io l'ho fatto parecchie volte (quasi sempre con successo).

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  20. Ricordavo male io, la differenza tra generico e di marca non era nella MIC ma nella Cmax (e nell'AUC) (qui per chi non conosce le sigle), l'abstract dello studio è qui a me hanno dato il lavoro completo in italiano.

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  21. @MaxL
    Hai ragione. Io stavo parlando di prodotti effettivamente equivalenti e di reazioni psicologiche. Ovvio che ci sono poi prodotti oggettivamente diversi negli effetti.


    @WeeWee
    Non è che puoi fare un sunto in babbionese per noi tapini non medici?

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  22. Oh adesso mi torna...
    La differenza nella farmacocinetica e nel raggiungimento della Cmax nel sito d'azione, a parità di molecola, è data dai veicoli ed eccipienti, se questi sono diversi nel generico rispetto al branded è chiaro che si può avere una differenza nella risposta al farmaco ed anche nel'AUC.
    Ho letto anche altri abstract correlati all'argomento su PubMed, e risulta che non sempre questa problematica sembra affliggere i generici, siano essi antibiotici o meno.
    Ad esempio, non vi è differenza fra l'azitromicina branded e quella generica, così come fra altri.

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  23. Non è che puoi fare un sunto in babbionese per noi tapini non medici?

    Certo, scusa.
    In pratica in quello studio si paragonava l'azione farmacologica di un antibiotico (amoxicillina) "di marca" (quindi conosciutissimo e più costoso) e di uno generico (molto più economico ma lo stesso principio attivo). Lo studio conclude che i due prodotti, pur contenendo la stessa molecola e quindi in teoria identici, non sono gli stessi. Il farmaco di marca raggiungeva una concentrazione (nei tessuti umani) più elevata, quindi sarebbe più efficace.
    Probabilmente questo non è dovuto alla molecola antibiotica ma ad altri fattori (eccipienti? Conservazione? Procedimento di fabbricazione?).
    E' una diatriba che esiste da sempre (anche tra medici: prescrivi l'antibiotico più conveniente per il paziente ma se sai che funziona meno non lo prescrivi) e credo continuerà perchè le aziende che producono i generici a loro volta presentano ricerche che dimostrano l'identica composizione (anche negli eccipienti a volte) dei due tipi di farmaco.

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  24. @Weewee

    Grazie è molto più chiaro ora. :)
    Quanto al dilemma del medico.... è decisamente spinoso visto che dovete decidere per il bene del paziente e, mi sembra, che i produttori forniscano informazioni parecchio contraddittorie.
    C'è poi anche un altro problema di natura brutalmente economica: molte famiglie hanno redditi da fame e molti farmaci non sono coperti dal SSN. Per una persona che deve campare con 1000 euro al mese la spesa per un antibiotico branded non è cosa indifferente (come anche altri farmaci). Probabilmente, se ci fosse maggiore chiarezza, i medici sarebbero più disposti a prescrivere farmaci più alla portata dei portafogli del tapino dipendente.

    Un'altra domanda che mi sorge spontanea l'AIFA avrà pure autorizzato questi farmaci come equivalenti, no? Che dati ha usato? Solo le ricerche dei produttori di generici? Ricerche "neutrali"? Ha confrontato le ricerche "branded" a quelle "generiche"?

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  25. Domanda: una malattia tipo l'Herpes può guarire per "effetto placebo"? Voglio dire, so che una ragazza che conoscevo ha trattato la lesione sulle labbra una volta con "Zov*rax" e una volta con "Cyclov*ran" che sono entrambi aciclovir, comne principio attivo, però lei ha notato che lo Zovirax è più efficace. Io invece uso (diciamo che lo bombardo, vista la quantità che uso) creme e pomate a base di vitamina E (spesso sono creme per la pelle o burricacao (o come si dice al plurale)) e posso giurare che la lesione non si ingrandisce mai come se non trattata, e dura al massimo due-tre giorni (cosa mai successa in una vita di herpes). Ho contattato qualche amico che lavora in lab su quel virus, ma ormai è passato più di un anno e ancora non ha fatto nemmeno un esperimento... Chissà...

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  26. Ho due curiosità sull'effetto placebo.

    1) Sono state definite le condizioni a partire dalle quali scatta il grilletto del placebo? Faccio un esempio. Se mia moglie ha un mal di testa e gli dico di prendersi una pillola comprata in farmacia quando in realtà è un pò di zucchero avrà in lei l'effetto placebo? Se invece glielo dice uno studente in medicina? E se invece un medico? Cioè quali sono le caratteristiche che deve avere il paziente ed il medico affinché ci sia l'effetto placebo?

    2) Se esiste un effetto placebo in grado di curare potrebbe a questo punto esistere un effetto placebo in grado di farci ammalare (non il nocebo)? Cioè l'effetto psicologico derivato da un evento quanto è in grado di farci ammalare sul serio?

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  27. Cioè quali sono le caratteristiche che deve avere il paziente ed il medico affinché ci sia l'effetto placebo?

    A quanto pare l'effetto placebo funziona SEMPRE, persino quando il "paziente" è cosciente di assumere una pillola di zucchero. Gli altri fattori (chi somministra, il tipo di paziente, le caratteristiche del prodotto, eccetera...) sono "rinforzi". Come spiega Goldacre nel video, basta cambiare il colore della pillola per aumentare l'effetto, oppure un medico avrà più "efficacia" del marito o ancora una iniezione più della pillola. Altro ancora: fornire spiegazioni "forti" o incomprensibili per il paziente (per esempio con termini scientifici particolari) aumenta l'effetto placebo (una sorta di "non ho capito come funziona ma sono sicuro funzionerà"). Il rinforzo, nel fenomeno placebo, è fondamentale ed è affascinante sapere come questi rinforzi non debbano essere per forza "coscienti" o "evidenti".

    Cioè l'effetto psicologico derivato da un evento quanto è in grado di farci ammalare sul serio?

    Intendi sapere se fatti reali possano condizionare negativamente la salute?
    Se è questo la risposta è si.

    Nonostante però vi sia la credenza che eventi gravi (lutti, traumi, tragedie) possano addirittura causare malattie tumorali, sembra che questo non trovi riscontro nella realtà. Al contrario gli eventi gravi condizionano la salute cardiovascolare e predispongono a malattie di questo tipo.
    Le emozioni condizionano le risposte del nostro corpo (in maniera misurabile!) e quando sono "croniche" possono a lungo andare causare danni alla salute. E' proprio vero insomma, che cercare di vivere con serenità (non è facile, lo so...) è la prima forma di prevenzione delle malattie.

    L'effetto placebo inoltre non è un'esclusiva della medicina e possiamo provarlo ogni giorno. Racconto un aneddoto più o meno attinente (non è sul placebo ma sul condizionamento, argomento correlato).

    Anni fa, ero in giro con la mia ragazza e ci fermiamo per prendere un gelato. Lei era in preda alla "rischio della cellulite come dramma definitivo per una donna" e quindi un gelato scatenava rimorsi e sensi di colpa infiniti.

    Le dico che in quella gelateria c'erano i gelati ipocalorici e senza zucchero, ne avrei preso uno per lei ma c'era solo al gusto nocciola. Mi aspetta fuori ed esco con i due gelati, il mio e quello alla nocciola "ipocalorico".

    Lei assaggia il suo e dice "non è male, ma si sente subito che è senza zucchero, non ha sapore, non c'è confronto con il gelato normale". Le avevo mentito, avevo preso un gelato normalissimo spacciandolo per "senza zucchero". Quando gliel'ho rivelato è rimasta di stucco, era davvero convinta di assaggiare qualcosa con poco gusto.

    E' un esperimento che possiamo fare tutti (attenzione, non con i farmaci, meglio non rischiare) ed è pure divertente...

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  28. Ciao, spero che non sia troppo tardi per commentare questo post. Premetto che essendo vicina al Cicap conosco il tuo lavoro e ti stimo molto, ma questa è la prima volta che commento. Grazie al mio lavoro e al mio innato scetticismo sono assolutamente d'accordo con questo articolo, ma, ehm, c'è un ma, di cui mi vergogno non poco e mi piacerebbe sapere l'opinione degli esperti. La mia domanda è, uh, se... (che imbarazzo) se secondo voi l'effetto placebo può funzionare SE SI SA CHE SI STA ASSUMENDO UN EFFETTO PLACEBO. In soldoni: in tutta onestà credo che i rimedi omeopatici et similia siano acqua pura e zucchero, e i fiori di Bach idem. Sono la prima che ride in faccia ai farmacisti che cercano di propinarmeli e che preferisce prendere bei farmaci chimici funzionanti. Insomma, tutte truffe. Però ho un problema. Soffro di tremendi attacchi di panico, e l'unica cosa che con me funziona(a parte i tranquillanti classici che non mi piace prendere perché mi mettono k.o.)sono... i fiori di Bach! Il Rescue Remedy dei fiori di Bach! Ora: funziona, ma io NON CREDO nei fiori di Bach! Come è possibile? La domanda quindi è: è possibile prendere un placebo CONSAPEVOLMENTE e stare un po' meglio tramite appunto l'effetto placebo? Altrimenti non so spiegarmi come possa funzionare, visto che SONO CONVINTA AL 100% che il Rescue Remedy non contenga alcun principio taumaturgico reale :-( Qualcuno può aiutarmi a capire come possa essere possibile? Eppure vi assicuro che appena lo prendo (solo nei casi estremi, perché mi vergogno da sola) funziona, e mi passa tutto. Aiuto!

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  29. secondo voi l'effetto placebo può funzionare SE SI SA CHE SI STA ASSUMENDO UN EFFETTO PLACEBO.

    Assolutamente sì, si tratta di un effetto assolutamente inconsapevole e non controllabile, lo hanno anche studiato.
    :)
    1) http://www.theguardian.com/science/2010/dec/22/placebo-effect-patients-sham-drug
    e
    2) http://www.lescienze.it/news/2012/09/11/news/e_linconscio_a_innescare_leffetto_placebo-1247754/

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  30. Molto interessante, ma mi rimane il dubbio...come è possibile che sia dimostrata l'esistenza e la non esistenza dell'effetto placebo?
    Non è come dire....leggermente contraddittorio?

    Morg

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  31. come è possibile che sia dimostrata l'esistenza e la non esistenza dell'effetto placebo?

    Non ho capito.
    L'effetto placebo esiste, c'è chi lo mette in dubbio, ma finora ci sono prove abbastanza consistenti della sua esistenza (anche empiriche, lo posso testimoniare).

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  32. Non mi tornano logicamente i risultati dell'esperimento di Kirsch e Weixel.
    Se A crede di bere caffè decaffeinato e beve caffè decaffeinato;
    se B crede di bere caffè normale e beve caffè normale;
    se C crede di bere caffè normale ma beve caffè decaffeinato;
    se l'assunzione di caffeina contribuisce ad alterare in qualche misura -sebbene minore rispetto alla credenza di assumerla- i valori dell'organismo;
    allora le variazioni maggiori non dovrebbero essere osservate in B (che crede di assumere caffeina ed effettivamente l'assume, dunque riceve un contributo sia mentale sia fisico) anziché in C (che crede di assumere caffeina ma in realtà non l'assume, dunque riceve un contributo mentale ma non fisico)?

    La ringrazio per il lavoro da Lei svolto su questo blog in generale e per questo post molto interessante in particolare.
    Con stima,
    Matteo Chiara

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